FOLDER CART’ART
-
La pelle della cultura
Carta: un viaggio senza fine
La si può ricavare con tutti i materiali composti da cellulosa, può essere usata per scrivere, per stampare, per avvolgere, per dipingere, per proteggere, per comunicare. E può essere la materia prima dell’opera d’arte.Declinata in sculture leggere, rielaborata, tagliata e incollata, infilata per formare gioielli, impressa o ricomposta, la carta è la protagonista assoluta della nuova mostra CART’ART allestita presso il Museo Pier Maria Rossi che, per l’occasione, ha invitato dodici artisti a confrontarsi con un mezzo semplice e quotidiano, ma che può offrire profondi spunti in molti ambiti creativi.
In questi anni, nonostante l’irruento emergere del digitale in ogni sua forma, anche come strumento di lettura, la carta sembra riconquistare una posizione di prestigio che ne recupera in primo luogo la storia, le vicende, il rispetto per un supporto che da millenni veicola la nostra cultura. Come scrive Valerio Dehò, “Le carte per gli artisti sono spesso dei segreti. Il lavorarci sopra e intorno costituisce per loro un momento di sublime intimità, di autoriflessione, quasi fosse sempre pronta e disponibile ad accogliere le lacrime di una confessione.”
Gli artisti che espongono a Berceto, accomunati dalla predilezione verso un materiale leggero e naturale e a un’ispirazione che spesso è fonte di riflessione sul rispetto dell’ambiente che ci circonda e sul recupero creativo degli “scarti”, sono stati selezionati attentamente e con le loro opere propongono un viaggio coerente nel mondo della carta. Molti hanno un curriculum affermato – tra collaborazioni con il MART di Rovereto, Biennale di Venezia e altre prestigiose istituzioni – altri, più giovani, sono poco più che esordienti e apportano una linfa particolarmente stimolante alla produzione artistica di questi nostri anni.
Il percorso tra le sale del Museo si snoda quindi in varie tappe che illustrano tanti dei possibili usi creativi della carta. La sua potenzialità a diventare scultura, prima di tutto: le opere di Maria Francesca Tassi, realizzate attraverso una particolare tecnica di lavorazione scultorea dei fogli, danno luogo a creature vegetali reali o immaginarie che portano a riflettere sul processo di trasformazione dall’albero alla carta e a ridare al prodotto che tutti usiamo quotidianamente una nuova vita sublimata attraverso l’arte.
La leggerezza della carta di riso diventa luminosa nei lavori di Giovanna Corsi che reinterpreta la lanterna orientale in chiave figurativa, trasformando con pazienza e meticolosità i palloncini colorati in ballerine eleganti e affascinanti.
Nell’assenza del corpo, che è solo volume vuoto, Elvezia Allari costruisce da molti anni vestiti sospesi – dalla biancheria a sontuosi abiti da sposa –, e nelle sue ricerche più recenti fa la sua comparsa la carta: recuperando materiali poveri e di scarto l’artista restituisce teatralmente l’anima all’abito e ne svela il suo essere protagonista dell’immaginario femminile. Sopra gli indumenti, i gioielli. Quelli di Angela Simone, manufatti delicati ispirati alle tecniche del quilling (arte di arrotolare la carta o addirittura il cartoncino) o del suminagashi giapponese, o ancora realizzati rivestendo ciondoli di varie forme con carta marmorizzata, tenendo sempre a mente il rispetto della natura e l’uso di colori ad acqua.
CART’ART espone anche dipinti veri e propri, in particolare quelli del giovane Matteo Sclafani con le sue figure “spigolose”, spesso persone anziane ritratte in grandi dimensioni e con modalità stilistiche che molto hanno a che fare con l’espressionismo, quello di Schiele in particolare. Al disegno vero e proprio l’artista sovrappone strati di carta colorata che vestono i corpi nudi, scarni e poco accoglienti, creando un contrasto di materiale e di gamma cromatica efficace e sorprendente.
In una contaminazione di mezzi si colloca la pratica dell’installazione contemporanea, anch’essa rappresentata in mostra: Eleonora Cumer in particolare si dedica alla composizione di libri d’artista che, da contenitori di parole, diventano oggetti tattili, tridimensionali, anch’essi molto vicini al trasformarsi in sculture, in un’operazione di recupero che coinvolge vecchi volumi trovati nei mercatini ai quali, attraverso la mediazione dell’artista, viene conferita in pieno la qualifica di oggetto prezioso.
Gianluca Quaglia invece allarga il suo intervento all’ambiente che lo circonda, prendendo possesso degli spazi – anche urbani – e istituendo una profonda interazione con il pubblico tramite installazioni cartacee.
L’incisione e l’intaglio dei fogli caratterizzano le opere di Giorgio Tentolini e Babiscia. Il primo scarnifica con un paziente lavoro eseguito tramite un bisturi, risme di fogli sovrapposti per creare volumi vuoti in cui le sagome umane emergono e sembrano prendere vita con i loro gesti quotidiani, come quelli che si compiono al mattino, in una Pure Morning. La seconda si riferisce più tradizionalmente al termine “incisione” e realizza stampe calcografiche, acqueforti su tutte, proponendo racconti che prendono spunto dagli oggetti d’uso, quasi voci di un dizionario enciclopedico del quotidiano trasfigurato con uno sguardo contemporaneo.
Ancora, un ritorno alla tradizione del quaderno, del taccuino, che Patrizia Peruffo reinterpreta in chiave attuale, restituendoci oggetti da usare ma che in sé stessi recano una pratica artigianale, artistica e un’idea di design nel suo senso originario: quello di oggetto creativo per l’uso reale.
Infine la matericità dell’elemento carta risalta nei lavori di Renza Sciutto, conosciuta in particolare per le ricerche sulla ceramica raku: le Carte dell’ascolto, che abbandonano la parola per farsi opere tattili e mute, utilizzano un linguaggio differente che raggiunge immediatamente le emozioni dell’uomo e, come afferma l’artista stessa, “le ragioni del cuore”.
Marta Santacatterina